INTERVISTA A SANTINA PERTESANA
La primavera è una stagione caratterizzata da una forte instabilità, un’elevata variabilità, in pochissimo tempo il sole caldo che regala sensazioni estive viene oscurato da nuvole nere e cariche di pioggia, soffia il vento che porta il freddo della neve che ancora ricopre le montagne… tutto cambia in un istante, quasi senza preavviso: i colori, i suoni, il ritmo dell’universo.
Tutto cambia, come può cambiare la vita di una persona e quella di tutta la sua famiglia se all’età di 9 mesi la colpisce la poliomelite nonostante il vaccino.
La storia di Santina e della sua disabilità inizia così, nel 1960 la malattia si presenta il 12 dicembre con febbre alta e nessun movimento agli arti inferiori. I genitori spaventati la portano all’ospedale di Bergamo, reparto infettivi, e da quel momento iniziano le terapie e vari interventi al piede e al ginocchio.
Incontro Santina e subito mi sento attraversata dai suoi grandi occhi azzurri. Si capisce che hanno visto e provato e vissuto profondamente esperienze che imprimono il loro marchio non sulla pelle ma nell’anima.
Ricordi momenti di sconforto, rabbia, impotenza ... come hai superato questi ostacoli che nel momento in cui vengono vissuti sembrano tanto grandi?
Non credo di avere mai vissuto momenti di grande sconforto.
Ho trascorso la mia adolescenza negli ospedali, a letto, immobile, perché ho subito diversi interventi alla schiena. Le giornate passavano lente tra libri e tv.
Sono tornata a casa a 18 anni ed ero già più matura e tranquilla.
Ho avuto la fortuna di incontrare tanti amici intelligenti e sensibili, e soprattutto di avere una famiglia aperta che mi ha spinto a fare tutte le cose che facevano i ragazzi della mia età. I miei genitori non si sono mai mostrati spaventati, non mi hanno tenuta lontana dal mondo, nascosta e protetta in casa. La disabilità non è una vergogna, non è una colpa.
Poi nella mia vita è arrivato Abele che mi ha fatto sentire la donna più bella del mondo!
Le crisi vere, le difficoltà più dure, le ho dovute affrontare nell’ambiente di lavoro, quando mi portavano a pensare di non essere una risorsa come gli altri. Sì, in ambito lavorativo ho dovuto fare i conti con persone che volevano ferirmi. Ma penso che tutto nella vita serve a crescere, e i cattivi esempi ci mostrano gli errori da non ripetere.
Cosa ricordi della tua infanzia in famiglia e a scuola, quale atteggiamento percepivi da parte delle persone che incontravi e che rapporto avevi con le tue sorelle e i tuoi genitori?
I miei genitori sono stati magnifici, nonostante la scarsa istruzione, perché quando erano bambini la scuola era un lusso, sono stati intelligenti. Hanno cercato in ogni modo di darmi il massimo delle possibilità di studio per il mio futuro.
Dal collegio tornavo a casa solo durante le festività e quindi l'amore dei miei genitori per quei giorni era tutto mio. Non c'era gelosia da parte delle mie sorelle, i miei genitori ci hanno insegnato il rispetto reciproco e a tenere conto del parere di ognuno, non mi hanno mai trattato come diversa e con loro non mi sono mai sentita inferiore.
Anzi, il mio parere conta sempre molto per le mie sorelle e sicuramente è stata fondamentale l’educazione che i miei genitori ci hanno trasmesso.
Dell'infanzia ho pochi ricordi. Uno all'asilo: ricordo bene due bambine che mi prendevano in giro e imitavano il mio modo di camminare, ma è stato un caso sporadico, e poi certe cose fra bambini succedono anche se si è “normali”.
In collegio, invece, eravamo tutte disabili, quindi non ho sofferto" la diversità".
Il collegio mi ha regalato tante amiche vere, che sono ancora amiche vere!
Ricordo che all’inizio mi mancava tanto la mia famiglia, non capivo perché dovevo stare lontano da casa.
Poi con gli anni ho capito che non avevano alternative. Non mi sono mai arrabbiata con loro per questa scelta e non ho dato colpa a loro della mia disabilità. E’ capitata e basta e forse, guardando indietro nella mia vita, la disabilità è stata anche una risorsa, non credi?
Avrei fatto tutto quello che ho fatto se ero una ragazza come tante? Penso alla vita che avrei potuto avere e la vedo noiosa, mi sarei sposata e ora sarei nonna, mi sarebbe bastato?
Qual è stata la prima persona della tua vita che ti ha fatto capire di essere una ricchezza e non un peso?
I miei genitori, senza alcun dubbio. Non hanno mai pianto davanti a me per la mia disabilità, mi hanno sempre spinto a fare di più e mi hanno fatto sentire super, quindi se loro mi amavano così come ero e non si vergognavano mi me, della mia diversità, perché non potevano anche gli altri? Mi hanno insegnato a piacermi così come ero con tutti i miei difetti fisici e mentali ...
Quanto è stata grande la tua voglia di indipendenza e quanto ha contribuito la tua forza di volontà nel "fare da sola" alla realizzazione della tua vita?
La mia voglia di indipendenza è sempre stata forte, non ho mai voluto la pietà di nessuno, anche se ora con la maturità la sopporto. Ho sempre voluto camminare con le mie gambe, anche se dondolando un po’… hi hi !!!
Volevo un lavoro, una macchina, un uomo e ci ho sempre creduto.. ho lottato non è stato semplice. Sopratutto per avere un uomo tutto mio, sono riuscita a convincerlo che valevo anche se le gambe non erano un granché.
Piacersi è fondamentale, io non mi sono mai sentita diversa e quindi questa è stata un’arma a mio favore per raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissata.
Ho incontrato persone che cercavano di farmi sentire inutile, ma dopo qualche ora di sconforto , mi giravo e ripartivo. Io sapevo di avere delle potenzialità (modesta) e potevo dare e fare.
Sei presidente dell'Associazione Informa Handicap: cosa significa per te l'impegno quotidiano in questo progetto?
Questo progetto per me è importantissimo, l’associazione è una mia creazione, voluta con tutta la mia forza per aiutare gli altri, per tutti quelli che si sentono spaventati dalla disabilità. Sentirmi utile è bellissimo. Vedere la gente che ti sorride e ti ringrazia è appagante, il lavoro non mi pesa e finché mi sentirò utile per gli altri continuerò a “camminare” in questa direzione.
Inoltre, voglio che la gente veda il mio esempio di disabile e non abbia paura delle persone disabili, ma capisca che possono dare e non solo chiedere aiuto.
Studio, Lavoro, Matrimonio, Volontariato, Sport... sicuramente non ti annoi. Cosa vorresti dire a chi si sente "limitato"?
Beh, semplice: i limiti li abbiamo in testa, se tu credi in quello che fai puoi sognare e ti giuro che i sogni si avverano.
La mia vita è piena, non riesco a immaginarmela diversa. Lo sport è stata la ciliegina sulla torta, un’avventura tutta mia, costruita con le mie forze, anche le delusioni e la fatica solo per me.
Da dove nasce la tua capacità di coinvolgere tante persone nella realizzazione dei tuoi progetti?
La mia capacità sta nel fatto che la gente vede cosa ho realizzato, cosa porto avanti e che non parlo
di fantasia ma di fatti e situazioni concreti. Io non mi piango addosso (tranne quando scherzo) non mi pongo dei limiti e ascolto volentieri le persone.
Cerco di trasmette solo positività, fiducia, e quando le persone vedono che io credo in quello che faccio, che sostengo le mie idee con fatti concreti si uniscono al mio gruppo e mi aiutano.
Capiscono che è bello aiutare e farsi degli amici nuovi perché per me l'amicizia è la cosa migliore che possa capitare tra due persone.
Ci salutiamo con un sorriso. Mi resta dentro una gioia inaspettata. Oggi ho incontrato una persona che mi ha trasmesso forza e coraggio, che mi ha insegnato a non arrendermi di fronte alle difficoltà, che vive ogni giorno con allegria, senza lamentarsi o commiserarsi.
Un esempio per tutti, anche per chi ha le gambe per correre.